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MORTE PSICOGENICA

THANATOS PSICOGENO IN STATO IPO-METABOLICO NOTTURNO



Il TPSIMN, noto anche come “Morte Psicogenica in Stato di Sonno (MPSS)”, è un fenomeno tutt’ora enigmatico in termini clinici, ma soprattutto socio-culturali. Di certo appare sconcertante l’improvviso decesso (durante il sonno

e senza cause organiche evidenti) di un individuo apparentemente sano.


Questa condizione, documentata principalmente in specifici contesti etnici ed in popolazioni sottoposte a intense pressioni psichiche, valica i tradizionali confini tra psiche e soma, conducendo a profonde riflessioni circa il potenziale mentale di influenzare i meccanismi vitali.


Il termine “psicogeno" o "psicogenico” allude ad una causalità primariamente psichica, ovvero una morte indotta da uno stato mentale estremo, come il terrore, l’angoscia o un vissuto cronico di impotenza; tuttavia, non essendo l’essere umano un’entità costituita da una singolo elemento a sé stante, appare più che mai consequenziale considerare l'imprescindibilità di un approccio interdisciplinare.


In questa relazione adotterò, come mezzo di esplorazione tematica, una lente di tipo psico-biologica che pone in relazione la vulnerabilità psicologica e la risposta biologica estrema. Analizzerò, inoltre, i dati provenienti da casi attestati, le ipotesi sui meccanismi sottostanti e le eventuali implicazioni cliniche, nonché preventive.


La morte psicogena, da una prospettiva clinica e psicodinamica, viene interpretata come la cessazione delle funzioni vitali innescata da un collasso psico-somatico. Quest’ultimo è, spesso, il risultato di una lancinante esperienza affettiva che si manifesta in un contesto di particolare vulnerabilità, ossia la fase REM del sonno; momento in cui l’organismo è fisiologicamente più esposto a perturbazioni autonomiche.


Tra i fattori psicologici predisponenti si annoverano:


Lo Stress Cronico Traumatico; spesso associato ad un prolungato vissuto di minaccia, controllo, umiliazione e dolore.

È comune in soggetti reduci da contesti bellici, persecutivi o migrativi violenti.


I Disturbi D’ansia Severi (in particolare il PTSD) includono ricorrenti flashback ed incubi notturni che generano una condizione di labilità autonomica iper-reattiva.


Il Condizionamento della Paura Mediato Culturalmente. In alcune culture, tra cui quella degli Hmong del sud-est

asiatico, il timore degli spiriti maligni è tanto radicato da generare panico mortale durante il sonno.


L’Impotenza Appresa che, a causa della percezione di una totale mancanza di controllo sugli eventi esterni, tende

ad annientare la spinta vitale e la risposta autonoma adattiva.


Naturalmente, tutto ciò comporta l’attivazione di determinati meccanismi psico-fisici come:


𒀸 L’iper-attivazione adrenergica del sistema nervoso simpatico, seguita da un’improvvisa crisi vagale

(bradicardia vagale massiva);


𒀸 La dissociazione peri-traumatica in cui frammenti mnestici ed immagini intrusive possono riattivare

l’esperienza traumatica durante la fase REM, provocando una risposta autonomica fatale;


𒀸 Stati mentali regressivi comprendenti sogni carichi di simbologie funebri, annichilimento e/o abbandono,

possono agire da trigger (agenti scatenanti);


𒀸 Conflitti inconsci irrisolti, legati ad un desiderio mortuario latente (tanatofilia inconscia), spesso aderenti

a quadri depressivi gravi e a stati di svuotamento identitario.


𒀸 Dal punto di vista neuro-psicotraumatologico, il trauma può disorganizzare il circuito talamo-corticale e le

connessioni limbiche, favorendo un’escalation patologica delle emozioni.

Se il trauma non viene mentalizzato o elaborato, permane in forma implicita (somato-sensoriale e affettiva)

e può riemergere in sogno in maniera tanto violenta e destabilizzante da minacciare la sopravvivenza.



Passiamo ad un breve approfondimento degli aspetti e dei meccanismi biologici coinvolti.


Dal punto di vista biologico, come accennato in precedenza, la MPSS si configura come un evento non attribuibile ad evidenti patologie organiche, ma verosimilmente mediato da un’anomala interazione tra il sistema nervoso centrale, il sistema nervoso autonomo (facente parte del periferico), il sistema endocrino e l’apparato cardiovascolare, provocata

da un eccessivo input psichico durante il sonno.


Tra i fattori biologici predisponenti si osservano:


La Disregolazione Autonomica che prevede un alterato equilibrio tra tono simpatico e parasimpatico, con vulnerabilità al collasso vagale (bradicardia, sincope, asistolia).

La simultanea attivazione simpatica e parasimpatica può generare aritmie fatali.

La stimolazione adrenergica improvvisa può causare fibrillazione ventricolare, soprattutto durante la suscettibilità notturna.


Varianti Genetiche come le mutazioni nei canali ionici cardiaci (SCN5A e KCNQ1) che predispongono a sindromi aritmiche letali (quali la sindrome di Brugada e del QT lungo) e che possono rimanere latenti fino all’insorgere di uno shock emotivo.


Disturbi del Ritmo Circadiano indotti da alterazioni nella secrezione di melatonina, adrenalina, noradrenalina e cortisolo; ormoni implicati nella regolazione del sonno e dello stress. Picchi notturni di queste sostanze, possono avvenire in risposta a sogni traumatici e questo sovraccarico può innescare crisi cardio-circolatorie o interferire con il bilancio glucidico/metabolico.


Alterazioni nella Struttura del Sonno, in particolare nella fase REM in cui l’attività corticale è intensa, ma inibita a livello motorio e sensoriale. In soggetti traumatizzati si osservano improvvisi picchi di attivazione limbica (amigdala e ipotalamo), senza mediazione prefrontale. La disregolazione del circuito talamo-corticale può, quindi, compromettere il corretto processamento sensoriale ed autonomico.


Micro-Arousals Falliti; un’assente o un’insufficiente attivazione cerebrale in risposta a stimoli critici interni, come la desaturazione dell’ossigeno, l’apnea e/o il dolore toracico.


Le apnee notturne non identificate, combinate ad uno stato di panico onirico, possono generare condizioni ipossiche incompatibili con la sopravvivenza. L’ipossia, in individui geneticamente inclini, può rapidamente risultare esiziale.



Il sonno, lungi distante dall’essere uno stato d’inattività, è un campo dinamico in cui funzioni cognitive e neurovegetative si modulano. In questa fase, l’organismo viene isolato dall’ambiente; è privo di controllo volontario e soggetto a fluttuazioni ritmiche che, in chi risulta più indifeso, possono agevolare un’infausta inefficienza multi-sistemica.


Riporto alcuni casi etnologici documentati.


1. Uno dei fulcri maggiormente studiati è quello della popolazione (già citata) Hmong del sud-est asiatico, rifugiata negli Stati Uniti in seguito alla guerra del Vietnam. Negli anni ‘70 e ‘80, numerosi uomini adulti (clinicamente sani) morirono inaspettatamente nel sonno.


L’autopsia non rilevò visibili irregolarità corporee e gli esiti dei test tossicologici si dimostrarono negativi.

Questo fenomeno fu denominato “Sudden Unexplained Nocturnal Death Syndrome (SUNDS)”.

Le famiglie riportavano frequenti incubi, paralisi nel sonno e la convinzione che degli spiriti maligni (dabtsog) attentassero alle loro vite. Molti dei soggetti deceduti avevano espresso timore di addormentarsi, poco prima del decesso.


Sebbene alcuni di questi casi siano stati successivamente associati a mutazioni del gene SCN5A (Sindrome di Brugada:

una patologia genetica che predispone al rischio di aritmie ventricolari maligne e può causare morte improvvisa in

giovani adulti muniti di un cuore strutturalmente sano), la componente psico-culturale è risultata determinante.


La paura collettiva, il trauma migratorio, la perdita delle radici culturali e la separazione familiare hanno indotto una vulnerabilità psicosomatica tale da provocare un arresto cardiaco in fase onirica.


2. Anche in contesti clinici occidentali si sono registrati eventi simili in individui con disturbi post-traumatici severi; spesso reduci di guerra, vittime di abusi e torture o sopravvissuti a catastrofi.


In questi pazienti, la ricorrenza di incubi ad alta intensità emotiva è associata a repentine attivazioni simpatiche e ad alterazioni del ritmo cardiaco, durante la fase REM. In rari casi si tratta di morti con causa organica conclamata, ma con forti indizi clinici di un meccanismo psico-biologico di tipo “shutdown vagale” o fibrillazione indotta da trauma oneirico.


3. La Sindrome del “Crepacuore Notturno” (Takotsubo Notturno), nota anche come “Sindrome del Cuore Infranto), è un’insufficienza cardiaca acuta transitoria anch’essa arrecata da uno stress emotivo estremo.

Anche se tipicamente diurna, in alcuni studi sono state osservate delle varianti notturne in cui soggetti con un vissuto traumatico cronico hanno sviluppato un quadro Takotsubo in assenza di visibili stimoli esterni.

Questi casi rafforzano l’ipotesi secondo cui il contenuto mentale possa comportare un micidiale impatto sull'organismo.



Tecniche di neuroimaging del sonno REM, eseguite nei traumatizzati, mostrano una riattivazione eccessiva dell’amigdala

e dell’insula con bassa modulazione prefrontale.


Monitoraggi poli-somnografici (nei pazienti con PTSD) mostrano iperarousal, aumento della frequenza cardiaca

e micro-wake (micro-risvegli) incompleti.


Altri studi indicano che invidui con disturbi del sonno, legati al trauma, presentano un maggiore rischio di mortalità notturna improvvisa, anche se raramente tracciabile tramite esami standard.


Ovviamente, è doveroso considerare anche la presenza di limiti metodologici come la sporadicità e l’imprevedibilità

del fenomeno, che rende complessa l’attuazione di uno studio sistemico. L’assenza di marcatori organici specifici, lo

colloca in una “zona grigia” nosologica; a cavallo tra la psichiatria, la cardiologia e la medicina forense.


Spesso, tra l’altro, i dati ricavati sono retrospettivi e basati su ricostruzioni aneddotiche e/o familiari.


La prevenzione e l’approccio terapeutico nei confronti di questa curiosa manifestazione, come ho già affermato, non

può prescindere da una visione integrativa. È realmente essenziale agire su più livelli: psicologico, biologico, culturale

e profilattico, specialmente nei soggetti più a rischio.


Tra le tecniche potenzialmente efficaci, in condizioni di trauma complesso, si ascrivono:


𒀸 Quelle basate sulla regolazione dell’arousal (come le psico-corporee “Esperienza Somatica”, la “Psicoterapia Sensomotoria” e la “EMDR”), finalizzate a supportare il paziente nella reintegrazione/elaborazione dei ricordi traumatici

e nella riduzione degli incubi notturni;


𒀸 La psico-educazione sul sonno, che prevede l’insegnamento della sua fisiologia e le strategie atte a ridurne la frammentazione;


𒀸 Nelle culture in cui il simbolismo legato alla dimensione sognante esercita un forte impatto, integrare la narrazione

e la re-interpretazione del suo contenuto, può essere di grande aiuto (Terapia Narrativa Interculturale);


𒀸 L’arteterapia, la drammaterapia e le pratiche corporee lente (come il Qi Gong e il Tai Chi), aiutano a recuperare e ad affinare il senso di agency corporea e di auto-regolazione, così come anche le tecniche di respirazione e di rilassamento vagale quali la coerenza cardiaca, il training autogeno ed il bio-feedback.


𒀸 Per quanto riguarda gli interventi biologici e farmacologici, invece, in pazienti con incubi intermittenti e/o sospette aritmie, è possibile eseguire un monitoraggio neuro-cardiologico tramite l’ausilio di holter, polisonnografie e test di stimolazione vagale.


𒀸 In presenza di casi familiari di SUNDS o di aritmie notturne, in particolare per mutazioni nei geni SCN5A, KCNH2

e RYR2, è indicato lo screening genetico.



La terapia farmacologica (da considerare sempre con una certa cautela) include:


𒀸 Beta-bloccanti in soggetti ad alto rischio aritmico; melatonina e blandi miorilassanti per un miglioramento della qualità

del sonno, senza la soppressione del ciclo REM.


𒀸 Nei casi più rari vengono somministrati antipsicotici atipici o stabilizzatori dell’umore, al fine di contenere il panico onirico, parallelamente ad interventi psicoterapici.


Tuttavia, come si suol dire: “prevenire è meglio che curare” ed, in effetti, esistono delle strategie d’identificazione precoce come le valutazioni cliniche integrate (psicologiche, psichiatriche, neurologiche, cardiologiche, endocrinologiche) in condizioni di PTSD cronico o di traumi migratori;


La valutazione interculturale, in contesti in cui la componente simbolico-spirituale del sogno è vissuta come distruttiva, affiancata all’allenamento della gestione dell’arousal tramite tecniche parasimpatiche, di grounding o di incorporazione

del sogno per rinegoziare i contenuti percepiti come scioccanti.


Attraverso la mediazione culturale e la psicologia transculturale è possibile decostruire una connotazione simbolica

mortale e reintegrarla nel vissuto identitario.



Esistono degli ulteriori interventi preventivi e terapeutici (integrativi) a cui tengo particolarmente e con cui ho sviluppato una maggiore dimestichezza, facendo parte della mia formazione specialistica.

Mi riferisco alla psico-genetica, alla grafologia clinica e all’iridologia che consentono di ampliare ed arricchire i protocolli tradizionali, valorizzando la personalizzazione e la multi-dimensionalità; aspetti fondamentali nei casi di vulnerabilità psicogena complessa.


L’approccio psico-genetico, ad esempio, offre preziosi strumenti non solo nella profilassi, ma anche nella gestione del rischio di MPSS, in quanto consente di valutare le predisposizioni neurobiologiche legate al bilanciamento neurovegetativo e alla resilienza psico-somatica.


Risultano di particolare interesse i polimorfismi nei geni:


- FKBP5 (coinvolto nella modulazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene);

- SLC6A4 (interessato nel trasporto della serotonina e della regolazione dell'umore);

- COMT (connesso al metabolismo dopaminico e catecolaminergico);

- BDNF (corresponsabile della plasticità sinaptica e della resilienza neuronale);

- ADRB1 (implicato nell’aritmia cardiaca notturna da iperattivazione simpatico-vagale)


Accanto all’analisi genetica, l’indagine epigenetica fornisce ulteriori informazioni sulla metilazione dei geni chiave coinvolti nella risposta allo stress e al trauma (di cui tratto qui: https://drvaleriaghisu.wixsite.com/biogenpsy/post/genetica-e-trauma).


Frequentemente, infatti, riscontriamo delle alterazioni epigenetiche in soggetti che presentano sintomi dissociativi, disregolazione vagale o iperattività del sistema parasimpatico.


È possibile intervenire funzionalmente anche su questi aspetti, attraverso:


𒀸 La psico-educazione genetica focalizzata sulla gestione consapevole dei fattori di rischio, poiché aiuta l’individuo a comprendere il proprio profilo (o, se preferiamo dire “essenza biologica”) e a sviluppare specifiche strategie profilattiche;


𒀸 Gli interventi nutrigenomici e nutraceutici per la modulazione epigenetica, in quanto gli alimenti influiscono enormemente sull’espressione genica, attivando e/o disattivando specifici geni ed incidendo, così, sulla salute e sul benessere individuale;


𒀸 Le tecniche ad orientamento neuro-regolatorio (come quelle già citate).



Il Contributo della Grafologia


Intesa in un’ottica clinico-integrativa, consente di cogliere degli indicatori indiretti (che spesso, attraverso altri strumenti, permangono nell’ombra) come: l’instabilità emotiva latente, la rigidità o la mutabilità delle disfunzioni nei meccanismi di auto-controllo e i tratti di personalità predisposti al rischio di eventi critici.


Gli indicatori grafologici più ragguardevoli sono:


- La Frequenza di variazione nel ritmo e nella pressione: eventuali irregolarità possono indicare labilità autonomica.

- Le Oscillazioni assiali e le variazioni del calibro: possono essere connesse a nervosismo, discontinuità emotiva/neuro-vegetativa e a difficoltà nei processi auto-regolativi.

- I Tremori grafici e le disomogeneità nell’inchiostrazione: esprimono, sovente, correlati somatici di disfunzioni neurofisiologiche.

- L’ampiezza del calibro: può comunicare tensione intrapsichica e potenziale iperattività dell’asse simpatico-parasimpatico.


A livello preventivo, la grafologia può realmente individuare i soggetti a rischio ed indirizzarli verso percorsi di supporto psicoterapici (finalizzati al potenziamento della stabilità auto-regolatoria) e/o consulenze psico-genetiche integrative.



Il Contributo dell’Iridologia


Anch’essa, utilizzata secondo un approccio clinico-integrativo, è in grado di offrire delle rilevanti informazioni orientative sulla reattività neuro-vegetativa individuale; particolarmente utile nei soggetti a rischio di disregolazione vagale o crisi vagotoniche notturne.


I segni iridologici correlabili sono:


- Gli anelli di contrazione (anelli neurotonici): indicativi di squilibri del SNA.

- Le lacune del mesoderma: possibile fragilità somato-vegetativa.

- Le pigmentazioni marroni nella zona epatica: suggeriscono difficoltà di detossificazione e gestione metabolica dello stress.

- La densità stromale e le fibre a raggiera: associabili a resistenza o a fragilità costituzionale.


Si tratta di un ulteriore metodo d’indagine che permette di elaborare efficaci interventi come: protocolli di regolazione autonomica personalizzata; programmi di riequilibrio dietetico-metabolico; programmi di fitoterapia adattogena e drenante; applicazione di tecniche di biofeedback vagale e rilassamento; monitoraggio clinico periodico del rischio.


L'osservazione iridologica consente, dunque, di valutare segni costituzionali e funzionali della sfera neurovegetativa e metabolica; piuttosto significativi nella predisposizione a crisi vagali e a disregolazioni acute.


Queste metodologie non sostituiscono, ma integrano in modo sofisticato, i classici protocolli preventivi e le terapie basate sulle evidenze; rappresentano, inoltre, un coerente sviluppo delle metodiche precauzionali, in campo bio-medico e psicologico, particolarmente indicate negli individui con profilo di rischio complesso e multifattoriale.


Perdura, comunque, una certa ambiguità diagnostica.

La MPSS è situata in un’area liminale tra medicina, psicologia ed antropologia.


L’assenza di una causa organica identificabile rende ardua la certificazione medica e la possibilità di prevenire un evento

di cui non si conosce il substrato causale diretto. Proprio per questo ne consegue la necessità di evitare il riduzionismo biologico e di riconoscere che un evento psichico può, in alcuni casi, produrre esiti mortali, biologicamente rilevanti.


È altrettanto importante non patologizzare automaticamente le esperienze culturali relative i sogni e/o la morte, ma nemmeno ignorarle.


In alcune comunità, questo fenomeno ha procurato un effetto psichico epidemico: la paura stessa di morire ha innescato altre morti spingendo le genti nella subdola morsa del panico collettivo, altrimenti noto come “panico morale”.


Il clinico è responsabile dell’ascolto e della validazione del vissuto soggettivo anche quando esso non rientra nei criteri canonici nosografici occidentali.


La MPSS è spesso invisibile all’interno dei sistemi sanitari occidui, che tendono a declinare i personali vissuti di dipartita onirica in folclore o superstizione. Questo tipo di atteggiamento può generare l’esclusione culturale del paziente (aumentando il rischio psico-biologico reale) e la sfiducia nei confronti del sistema sanitario; specialmente nei migranti traumatizzati e/o nelle minoranze etniche.


La mancata attestazione di una vulnerabilità culturale e psicosomatica può incorrere in una negligenza clinica indiretta che non aiuta, ma ostacola ampiamente la comprensione di questa articolata realtà e lo sviluppo di trattamenti/strategie atte a supportarla.













 
 
 

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